Se chiudi gli occhi, i chiodi ti
s’infilano
fra le dita dei piedi e fili a
strapiombo
ti barrano. Se sgozzi il futuro - che in
questa
parentesi è un pulcino - bevi l’uovo
dal foro, poi perseveri nel tuo posto
vincente.
Se accendi il fuoco, non ti lasci
bollire
nel pentolone. Se invece non depili
ascelle e cosce
non trucchi più gli occhioni e neanche
spulci
gli annunci, tutto questo andare a male
s’infratterà nella tua cervicale
i tuoi risvegli saranno lutti anziché
passeri.
Tu diglielo, l’acquerello rossastro
ha ripreso a colare le sue gocce
sulla via d’epidermide che va
ad avvolgersi tutta, all’ombelico
straziato dalla fame. L’esterno ti
comprime
non esser seta, non lisciarti le sponde
innalza un’alzata d’aculei, buca i palmi
che ti pretendono accondiscendente
monofonia. Se vuoi, sei canapa
o pizzico di lana, non fare che si
chiuda
il soffietto, cucina meraviglie
e grida d’aeroplano in decollo, ché loro
ti vogliono schiacciata
ma non come una lettera spedita
sotto l’uscio di chi ha l’udito buono.
Ti vogliono laguna, cara marea
e tu non smettere, non smettere mai
di iodarti le vene
Francesca Lavinia Ferrari
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